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Effetti del messaggio

Esistono numerose teorie sull'interpretazione degli effetti della comunicazione di un messaggio. Due delle più note sono la teoria della coltivazione e quella della gratificazione (condizionamento operante)

Teoria della coltivazione

secondo questa teoria, la visione ripetuta di un modello di realtà, di cui non si ha diretta esperienza, contribuisce a creare una certa visione del mondo. Questo vale, non solo per il modo di presentare gli argomenti, ma anche per la scelta degli argomenti (tutti parlano della crisi). Questo porta ad una rappresentazione prevalente di un fatto, una omogenizzazione della lettura della realtà. Si può avere una distorsione della percezione.

Esempi:

  • percepire il mondo più violento di quello che sarebbe sulla base dell'esperienza quotidiana.
  • percepire l'idea dello stereotipo dell'arabo terrorista
  • percepire più interessanti le figure professionali delle fiction (poliziotti e medici)
  • effetto “di pietro”: nel 2000 le iscrizioni a giurisprudenza sono aumentate
  • assenza dei disabili: sia dai ruoli di protagonista che dai ruoli di sfondo degli spot e delle fiction, ad eccezione dei fatti di cronaca.
  • stereotipo di gender femminile nei bambini.
  • stereotipo del tossicodipendente

Teoria della gratificazione

Simile alla teoria dell'apprendimento come condizionamento operante, secondo questa teoria gli spettatori si lasciano influenzare per poter ottenere rinforzi e ricompense, quali ad esempio:

  • evasione dalla realtà
  • conoscere argomenti di cui poter parlare
  • per evitare una solitudine
  • per potersi immedesimare in comportamenti illeciti proibiti
  • per ottenere modelli di riferimento, utili per costruire la nostra identità (la rappresentazione di noi stessi)

L'ultimo punto può essere approfondito, considerando che a partire dal 1968, gli organizzatori sociali classici (scuola, famiglia e politica) hanno perso la loro capacità di fornire punti di riferimento. Sono diventati nuovi pounti di riferimento i personaggi televisivi come M. Hunziker e L. Laurenti

Esempio di influenza sui giovani

Può essere classificato come apprendimento sociale imitativo. Bandura condusse negli anni '60 una serie di esperimenti per verificare l'influenza del messaggio visivo sui bambini. I bambini sono soggetti con una limitata esperienza della realtà e una scarsa capacità di analisi.

Questi esperimenti sono stati a volte confermati a volte contraddetti da altri esperimenti. Nell'interpretazione dei risultati è decisiva l'intepretazione della motivazione all'imitazione, la considerazione delle esperienze passate, del temperamento personale, dell'ambiente di vita e delle relazioni intrapersonali e interpresonali.

Statisticamente è stato calcolato che un ragazzo americano, all'età di 11 anni, ha già visto in Tv circa 11000 omicidi. Questo può portare alla riduzione della sensibilità verso alcuni tipi di comportamenti (teoria della disibinizione).

Quando si parla di apprendimento imitativo si deve inoltre considerare se la fonte sia credibile e persuasiva e se il comportamento sia positivo o comunque funzionale. Come ogni forma di apprendimento può essere studiata come il condizionamento classico e operante: la ricompensa non è un vero premio, ma consiste nel potersi identificare con il modello proposto.

http://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_della_bambola_Bobo

L'esperimento della bambola Bobo è una famosa ricerca sperimentale sull'aggressività condotta nel 1961 dallo psicologo Albert Bandura, con la quale fu dimostrato che il comportamento aggressivo dei bambini può essere modellato, cioè appreso per imitazione.

Le ricerche di Bandura sono state più volte utilizzate anche a sostegno della tesi, ancora attuale, secondo la quale le scene di violenza mostrate in Tv possono produrre comportamenti imitativi da parte dei ragazzi. Per realizzare l'esperimento Bandura formò tre gruppi di bambini in età prescolare:

  • nel primo gruppo inserì uno dei suoi collaboratori che si mostrò aggressivo nei confronti di un pupazzo gonfiabile chiamato Bobo. L'adulto picchiava il pupazzo con un martello gridando: «Picchialo sul naso!» e «Pum pum!».
  • nel secondo gruppo, quello di confronto, un altro collaboratore giocava con le costruzioni di legno senza manifestare alcun tipo di aggressività nei confronti di Bobo.
  • infine, il terzo gruppo, quello di controllo, era formato da bambini che giocavano da soli e liberamente, senza alcun adulto con funzione di modello.

In una fase successiva i bambini venivano condotti in una stanza nella quale vi erano giochi neutri (peluche, modellini di camion) e giochi aggressivi (fucili, Bobo, una palla con una faccia dipinta legata ad una corda).

Bandura poté verificare che i bambini che avevano osservato l'adulto picchiare Bobo manifestavano un'incidenza maggiore di comportamenti aggressivi, sia rispetto a quelli che avevano visto il modello pacifico sia rispetto a quelli che avevano giocato da soli.

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